Postfazione al romanzo " La Valigia del Tempo"
del prof. Giuseppe Camerino, Docente di Filologia linguistica e Letteratura
presso l'Università di Lecce..
All'inizio
del capitolo 7° di Il Giocatore di Dostoevskij (cito nella traduzione
di Alfredo Polledro) il protagonista rileva: " Avevo sedici federici,
e là…là, forse, la ricchezza! Cosa strana, non ho
ancora vinto, ma agisco, sento e penso da riccone e non posso immaginarmi
altrimenti": Questa tensione a una ricchezza virtuale del giocatore
dostoevskijano non si avverte nel protagonista del romanzo di Alessandro
Caroli, La valigia del Tempo, anch'egli perseguitato dal demone del
gioco; una sorta di intellettuale-filosofo, per di più musicista
e fervido cultore di musica. Per quest'ultimo, infatti, il gioco d'azzardo
non sembra una passione esclusiva, finalizzata a un sogno di ricchezza,
ma sembra riflettere una vocazione alla sfida contro i traumi e le sofferenze
dell'esistenza e una inquietudine spirituale tipica degli esseri non
rassegnati di fronte ai limiti della condizione umana.
Questa caratteristica connota il romanzo di Caroli in cui i dilemmi
interiori del protagonista e le vicende esteriori, benché colti
e rappresentati su piani temporali spesso non coincidenti, sono sagacemente
e, direi, con naturalezza dall'autore intrecciati, senza che il lettore
ne avverta la differenza. Inoltre, Caroli ha la capacità di parlare
dei sentimenti e delle ragioni della sfera privata in modo diretto,
rendendo anche le riflessioni morali e spirituali elementi strutturali
del narrato, cioè ben più importanti di tutti i riferimenti
occasionali che pure costellano la sua storia. Ne consegue che anche
alcuni excursus, come, per esempio, quello iniziale sulla nostalgia
intesa come sentimento più doloroso dell'amore non corrisposto,
si adattano perfettamente alla situazione narrativa gradualmente predisposta.
Rolando, il protagonista, é un uomo emigrato, insieme con la
figlia Enrichetta, nella lontanissima Australia e soltanto nella sua
nuova vita scopre l'attrazione per il gioco, che fino allora non aveva
mai avvertito, e ritrova il gusto in lui mai sopito dell'avventura amorosa
e passionale.
Su un altro piano assume una funzione rilevantissima nell'economia del
romanzo un'altra passione del protagonista, quella per la musica, motivo
che accompagna non solo le sue avventure australiane, ma s'intreccia
con quelle della figlia Enrichetta e del suo amico, e poi marito, Peter.
Dopo la partenza dei due giovani per Londra, per ragioni di lavoro d
lui, comincia per Rolando un periodo di solitudine e sofferenza che
le poche telefonate della figlia lontana a mala pena possono lenire.
E la solitudine diventa ulteriore tema del romanzo, dopo quelli già
rilevati: una solitudine che persiste anche nelle diverse occasioni
in cui sembra essere attenuata o annullata. Non a caso "la valigia
del Tempo" si presenta anche come un apologo sulla solitudine,
focalizzata prevalentemente nella figura del protagonista; solitudine
che persiste e domina malgrado i diversi incontri e casi d'amore. Alle
radici di tale condizione agisce una difficile e dura situazione esistenziale
del protagonista, dalla sua separazione dalla moglie alla morte della
madre: sicché l'accanimento nel vizio del gioco - manifestazione,
s'è detto, solo in terra straniera - si prospetta anzitutto come
sfida o ribellione a quella situazione, se è vero - come si legge
nel romanzo - che una causa possibile che può condurre al gioco
è il sentirsi respinti dalla vita. Dalle sofferenze che la stessa
comporta Rolando, o Raoul, come egli si chiamerà per compiacere
la sua prima fiamma conosciuta oltre oceano, deriva pure una sua personale
speculazione filosofica, in cui aleggia sempre una domanda senza risposta:
perché la gioia dura sempre molto meno del dolore?
E' impossibile dimenticare questa domanda nel romanzo; soprattutto quella
seconda parte: il legame sentimentale del protagonista con Eliza, alternato
al richiamo della figlia lontana e del nipotino appena nato; la morte
tragica di Eliza che sconvolge la vita di lui; la forte affinità
elettiva e il forte legame spirituale che Rolando coltiva con Ivan,
eccelso musicista russo. Sono quadri narrati con perizia, con una scrittura
dinamica e serrata e con una capacità rara di orchestrare tutti
i testi delle passioni e dei sentimenti, guidati come dall'interno di
una sinfonia. E in questo tessuto narrativo si riserva - manzionianamente,
si direbbe - degli angoli di commento di argomentazione intellettuale,
con l'intento di indicare al lettore i risvolti filosofici e culturali
sottesi alla pura narrazione; e funzione di commento da parte dell'autore
esercitano anche i due poemetti inseriti rispettivamente alla fine del
4° e dell'11° capitolo, uno sul tema dell'oblio quale sollievo
delle sofferenze umane e l'altro sulla visione di un saggio vegliardo
accaduto in sogno al protagonista.
Questi intermezzi o queste divagazioni dell'autore sono in sintonia
con la parte più specificatamente narrativa e non disturbano
e non distolgono il lettore oltre il dovuto, ma lo rendono pienamente
partecipe della peculiarissima fattura dell'arte narrativa caroliana.
In altri termini, i due piani del racconto di Caroli, quello della rappresentazione
narrativa e quello - pur misurato e contenuto - della digressione filosofeggiante
e arguta, e ironica in diversi casi, sono l'esito di un'originale poetica
del romanzo, che in alcuni passaggi assume anche i connotati dell'apologo,
della parabola o addirittura del saggio.
Nella Valigia del Tempo, del resto, c'è, manzonianamente, la
volontà di estrarre un "sugo" dalla vicenda narrata
con un linguaggio coltivato, attento ai particolari: un linguaggio adeguato
a personaggi che esprimono passioni, concetti puri, coltivati e ricercati.
Forse c'è dell'autobiografia in questo romanzo di Caroli, ma
la natura della sua arte é tale che una simile storia avrebbe
egli potuto benissimo inventarla, dal momento che tutti gli elementi
- vicende e personaggi - sembrano costruiti in modo coerente e corrispondente
a una precisa idea della condizione e del destino degli uomini.
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