La Poesia di Alessandro Caroli
Che cosa è la Poesia se non il profumo d'un sogno? tante,
in verità, sono le definizioni che della Poesia si possono
dare.
Poesia è, per noi, anche libertà di esprimere la propria
anima; classificare quindi un poeta è cosa seria e a volte
inutile perché spesso si rischia di sottoporlo sul Letto di
Procuste a definizioni ben lontane che esorbitano dalla sua sensibilità.
E' importante, indispensabile, comprendere invece gli stati d'animo,
i sentimenti, i messaggi, penetrare il mistero, le immagini, i sogni,
gustare l'armonia della parola che crea emozioni. Ma se proprio dovessimo
definire la poesia di Alessandro Caroli diremmo che è quella
di un romantico in forma classica, anzi neoclassica, e che la sua,
a nostro modesto avviso, è poesia educativa, nella migliore
accezione del termine.
Poesia che insegna la vita, insegna a vivere coi valori etici di un
tempo passato, quando la fede in Dio regnava nelle famiglie e, figura
patriarcale, come Padron 'Ntoni, di verghiana memoria, erano il fulcro
di una coralità religiosa. La famiglia, la madre erano un mondo
in cui trovare rifugio, protezione, amore e nel quale ricevere il
perdono " già al momento" come dice Caroli, "
della sua cattiva azione."
Trapela subito, nei versi da noi letti, la funzione della poesia che
diletta e insegna, che suggerisce lezioni di vita, con l'ausilio di
un notevolissimo bagaglio culturale non di maniera ma sentito dall'anima
del poeta.
Ciò a conferma che la poesia non nasce dalla cultura ma che
la "poesia culta" come quella di Caroli, ha un fascino,
una ricchezza di immagini che ancor più evidenzia la sensibilità
di chi la detiene e crea suggestioni, emozioni in chi legge e rivive
in sé i suoi palpiti segreti, l'armonia dei pensieri.
In un periodo storico nel quale domina la dissoluzione degli ideali
e nel quale modello di vita sembrano assurdamente essere lusso, violenza,
sesso, droga, arrivismo, il poeta Caroli si rifugia in un suo neoclassico
romanticismo dal sapore foscoliano e leopardiano; un mondo che può
sembrare anacronistico ai post-moderni (che poi che cosa significherà
questa definizione…) agli innovatori della domenica che nella
poesia non vedono sublime armonia ma, per smania di protagonismo,
uno strumento di originalità ad ogni costo in una banalità
che sta tra il puerile e l'incomprensibile: e appartiene alla fiera
delle vanità, delle cose inutili da ignorare o meglio prendere
in serio esame… per rigettarla.
Che la poesia debba suggerire, creare un alito di mistero, lasciare
spazio all'interpretazione di chi legge, siamo d'accordo, ma quando
tutto ciò è artefatto e l'unico risultato è quello
di non fare comprendere volutamente a chi ha la sventura di leggere,
non ci siamo più. E pensiamo proprio che, col passare dei secoli,
si continueranno a leggere i classici greci, latini e i versi tutti
quelli che a quella fonte si sono abbeverati, ricca, invero, di valori
di umanità.
E a quella fonte si è dissetato, ha sorseggiato, ha centellinato
i ritmi il nostro Caroli, di grande valore etico che poi sono le sue
Liriche che suggeriscono emozioni, sentimenti profondi, anche quando
la sua poesia si trasforma in pagine di bella prosa d'arte, che chiarisce,
sviscera le plaghe segrete del suo cuore e descrive un mondo immerso
tra realtà e sogno.
Ciò evidenzia il bisogno interiore dell'autore di ripiegarsi
su se stesso e palpare le piaghe del proprio dolore, anzi riappropriarsi
della volontà, della forza di vivere che il Caroli ritrova
nell'amore, come nella poesia "Il Mare".
Poesia descrittiva di chi sa tanto da raccontare perché ha
pensato, riflettuto e arrivato alle conclusioni del fine del vivere,
sia pure quella di "un uomo stanco" che "nello sciabordio
delle onde" ritrova pace e quel "vigore degli suoi verdi".
Lo stesso dialogare col Mare, con la Luna e il Sole diventa quasi
pretesto per chiedere amore, per donare, sussurrare amore: un amore
non solo terreno ma un amore che allontani l'odio; quel rancore dell"homo
homini lupus" che troppo spesso caratterizza il genere umano.
Al poeta è caro e forse non resta altro che immergersi nel
"lucore delle stelle" sia pure di quelle cadenti, come le
tante speranze d'amore, e continuare a vivere, a sperare perché…
" non son forse i sogni,
le speranze, gli aneliti,
le gioie più belle
ancor pria del loro avverarsi?" ( le Stelle)
Ed è per Caroli l'inno all'Amore, un tenero mandorlo in fiore
più di un frutto maturo da assaporare con voluttà.
L'amore è attesa e deve seguire il ritmo del Tempo, scorrere
come la sorgente montana d'un limpido fiume. Lo stesso amore fa ascoltare
le voci segrete della Natura, della splendida Luna magica, di attese
e di speranze. (la Luna e l'Amore)
Imbevuto di mitologia e di immagini di Dee, di Menadi danzanti, di
Muse e d'una novella Calliope, con le quali intrecciare danze e canti
dionisiaci, il poeta canta " per mostrare al mondo che la vita
è amore" e la sapienza dell'uomo, la sua saggezza consistono
nell'adeguarsi al volere divino che è amore e che "…il
Bene sulla Terra imperi". (la Musa)
Il Tempo, tuttavia, trascorre ineluttabile e nega l'amore; un amore-dolore
infinito perché è rifiuto d'amore, e il poeta dice:
" L'amore… è un dono
che Dio ci ha dato per goderlo
e rifiutarlo è un gesto ingrato
che l'Onnipotente non può perdonarti…"
e in un gesto estremo d'amore, pur di fronte al rifiuto, conclude,
difenderti vorrò." (Il tempo che passa)
L'amore diviene quindi una illusione, ora più benefica, come
la Speranza in cui è dolce trovare un rifugio.
E penetriamo lentamente nel pessimismo di Caroli, un uomo che ha amato
intensamente e che ha profondamente sofferto, sia pur nell'illusione,
nel sogno e poi nella fede intravede il misterioso, tacito, segreto
del vivere e del morire.
Nelle forze della Natura, come in "la Pioggia", il poeta
scopre la bellezza e la presenza di Dio, la sua fierezza la biblica
potenza a volte vindice, (il Vento); che punisce l'ingiusto e premia
con la più bella aurora.
Altre volte il dubbio lo assale:
"Allora è l'uomo che un Dio si crea
per affidare a un mondo immortale
il suo povero e fragile destino." (il Mito)
E torna a raccontare in versi una vita che sta tra realtà e
sogno, sospesa in un alone di religiosa magia in cui il Tempo saggia
aliti di preveggenze, di visioni, in un avvenire che sa di eterno
e d'infinito. E continua a dialogare il poeta con il Tempo, la Speranza,,
la Malinconia che si personificano, anzi vengono deificati e parlano
con voci sapide di saggezza antica, (la Malinconia)
Questo raccontar in versi è pure un rifugiarsi, sentirsi abbracciato,
protetto dai ricordi, dagli affetti più cari ove campeggiano
statuarie la figura materna e quella paterna.
Ed è "la Madre", rievocata con toni che sanno di
affetti antichi, di passati momenti che tuttora consolano il vivere.
Il poeta rievoca pur anche il messaggio etico di una madre che ama
ma che insegna a vivere, a riflettere, a donare, a fare del bene,
ed insegnano per poterne ricevere.
La Madre diviene quindi il riflesso dell'infinita saggezza di Dio
e il suo respiro quello che pervade l'universo intero.
Con altrettanto amore Caroli scolpisce la severa figura paterna, complementare
di quell'educazione bene organizzata nel seno della famiglia, colta
dall'acquerello dei ricordi del Caroli, in uno sguardo; quello alla
moglie, quasi a chiedere aiuto, per temperare la severità e
per poter dire, consigliare, amare il figlio.
A volte la filosofia del vivere che permea la quasi totalità
dei versi, prevale nella sua lucida razionalità ma il suo è,
oseremmo dire, un "razionale sentimento".
Questa sua filosofia, questo suo modus vivendi, "onde cotanto
ragionammo insieme" non esclude affatto la profondità
del sentire che scandaglia ogni palpito, ogni sentimento, li esamina
come al microscopio, quasi da scienziato, cogliendo e raggranellando
i semi di un'etica profonda e sentita.
Poesia quella del Caroli che va letta, riletta per riflettere sui
valori insiti in essa, sugli ideali dell'amore universale, sulla stessa
amicizia dove "l'uno avverte il proprio bene trasfigurato in
quello dell'altro. (l'Amicizia eroica).
E vorrei prima di concludere, ritornare sul Classicismo di Caroli
che si rivela non solo in quel suo mondo ove, in un cielo turchino
e nel mare appaiono, quelle divinità pagane, Ondine, o Oreadi
e Muse, in quelle sue immagini sensuali e oniriche ma anche nel gusto
della parola antica, aulica, ricercata, goduta: la parola che suona
e crea.
Così come nell'uso di un lessico fatto di parole, ormai in
disuso nella poesia moderna come " pria ( di leopardiana memoria)
duolo, donzella, sciabordio, anelito, zefiro, maliardi; termini che
ben si adeguano al suo mondo, fatto di speranze, attese di un inno
all'amore e alla vita che tuttavia teneramente, malinconicamente,
sfocia nel sollievo de "l'Oblio".
E vorrei concludere questi miei appunti, senza pretese, con la Lirica
di Caroli che meglio chiarisce e illumina la sua poetica, la sua filosofia,
l'Ispirazione più vera e profonda della sua anima:
l'Ispirazione
L'ispirazione è a monte dell'umano pensiero,
si avverte, si sente e giammai si cerca.
E' un'idea che brilla a guisa d'un lampo,
e che soltanto il cuore, a nostra insaputa, di crearla è capace.
E quando la mente ascolta i suoni che da lei derivano,
a mano a mano forgia pensieri e immagini
a cui il poeta offre un ritmo di dolci armonie.
Prof. Luigi Vellucci